Onorevoli Colleghi! - Tracce della cura dei malati con l'aiuto di animali si trovano fin dalla fine del XVIII secolo in Inghilterra. Nella casa di cura di York, fondata nel 1792 dalla Società degli Amici per sottrarre i malati di mente alle condizioni sub-umane dei manicomi tradizionali di quell'epoca, veniva insegnato l'autocontrollo attraverso la cura degli animali domestici. Un programma simile si ritrova nel 1867 a Bielefeld in Germania per la cura dell'epilessia.
      Il primo programma di pet-therapy venne sperimentato nel 1944 dalla Croce Rossa statunitense in un centro di convalescenza per i militari dell'aeronautica. Nel 1961 lo psicologo Boris Levinson scoprì che i bambini con disturbi psichici, una volta entrati nel suo studio, si dirigevano facilmente verso il suo cane: ne dedusse che l'animale fosse un mediatore utile e cominciò ad utilizzarlo sistematicamente nella relazione psicoterapeutica con i suoi pazienti con risultati eccellenti.
      Da quel momento il mondo scientifico ha approfondito, studiato, ricercato il tema del rapporto uomo/animale (di diverse specie) con fini terapeutici ed assistenziali, nelle più svariate condizioni patologiche dell'uomo.
      Dopo il cane sono venuti i cavalli, gli animali da allevamento; il presupposto della pet-therapy è, infatti, che interagire e prendersi cura di un animale aiuti ad aumentare il nostro benessere.
      L'ippoterapia (terapia con l'ausilio del cavallo), per esempio, ha abbondantemente dimostrato i suoi risultati positivi sui trattamenti di turbe a livello psicomotorio, della psiche e della socializzazione.
      La pet-therapy si presta quindi come sostegno nelle attività riabilitative per numerose categorie di utenti, in particolare con bambini, anziani, degenti di ospedale,

 

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persone affette da menomazioni visive, uditive, della deambulazione, intellettive.
      Inoltre, da un punto di vista psicologico, la presenza di un animale migliora la vita dell'individuo, diminuendo la solitudine e la depressione, agendo da supporto sociale, dando un impulso alla cura di se stessi.
      La sua presenza solitamente risveglia l'interesse di chi ne viene a contatto, catalizza la sua attenzione, grazie all'instaurazione di relazioni affettive e canali di comunicazione privilegiati con il paziente, stimola energie positive distogliendolo o rendendogli più accettabile il disagio di cui è portatore. È stato infatti rilevato da studi condotti già negli scorsi decenni e oggi comprovati da sempre più numerose esperienze, che il contatto con un animale è particolarmente adatto a favorire i contatti interpersonali dando l'occasione di interagire con gli altri per suo tramite, svolgendo la funzione di ammortizzatore in particolari condizioni di stress e di conflittualità e può rappresentare un valido aiuto per pazienti con problemi di comportamento sociale e di comunicazione, specie se si tratta di bambini o di anziani, ma anche per chi soffre di alcune forme di disabilità e di ritardo mentale e per pazienti psichiatrici.
      I bambini ricoverati in ospedale, ad esempio, soffrono spesso di depressione, con disturbi del comportamento, del sonno, dell'appetito e dell'enuresi dovuti ai sentimenti di ansia, paura, noia e dolore determinati dalle loro condizioni di salute.
      Pensiamo inoltre alle persone anziane ospitate presso case di riposo. Nei Paesi anglosassoni sono stati introdotti, con successo, animali di compagnia che, restituendo e ricostituendo, anche se in maniera del tutto particolare, un universo relazionale, hanno aumentato sensibilmente le facoltà cerebrali e la stessa speranza di vita degli ospiti anziani.
      Sulle persone anziane si hanno effetti positivi sia per le persone che vivono nella solitudine, sia per coloro che vivono in una comunità. I benefìci del contatto con un animale in questo caso possono essere sia di ordine medicale (riduzione della pressione arteriosa e del ritmo cardiaco, diminuzione dell'ansia), sia di ordine sociale (miglioramento delle relazioni interpersonali e responsabilizzazione).
      Numerose e variegate sono le esperienze. L'ippoterapia per la riabilitazione di alcune forme di disabilità, l'impiego di cani e gatti per combattere la depressione. Ottimi i risultati, confermati a Napoli e nel Vercellese, nella comunità delle Ville di San Secondo; al Niguarda di Milano si fa riabilitazione con i cavalli; all'ospedale pediatrico Mayer di Firenze si è sperimentata la presenza in reparto di tre cani; da diverso tempo va avanti il progetto pilota dell'ospedale Pausilipon di Napoli, dove per cinque ore ogni giorno alcuni piccoli animali intrattengono i bambini ricoverati del reparto di oncoematologia. A Roma è stato inoltre avviato un progetto sperimentale presso «Casa Dago», casa famiglia per il recupero dei post comatosi, dove i ragazzi che cercano di riprendersi da eventi traumatici trascorrono alcune ore della giornata con cani labrador opportunamente addestrati. Nel giugno del 1994 il Centro di collaborazione OMS/FAO per la sanità pubblica veterinaria di Roma, interagendo con altre strutture, ha organizzato il primo corso informativo di pet-therapy ed ippoterapia. Le esperienze sono quindi molteplici e tutte estremamente positive.
      La pet-therapy, per definirsi tale, deve fondarsi sull'individuazione di obiettivi ben precisi e sulla registrazione continua dei miglioramenti e dei risultati raggiunti dai pazienti, documentati da una scheda clinica. Per poter realizzare ciò è assolutamente necessaria la creazione di un'équipe che prevede la presenza e la collaborazione continua degli psicologi e/o educatori, degli esperti degli animali utilizzati (ad esempio, per i cani, educatori cinofili di provata esperienza), dei proprietari o degli accompagnatori degli animali e dei veterinari.
      È evidente che l'attività svolta dal «terapeuta animale» nei confronti del «paziente uomo» è molto complessa e, soprattutto, per il suo funzionamento richiede
 

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contributi provenienti da diverse discipline.
      Per questo motivo, ogni esperienza di pet-therapy è il risultato di un lavoro sviluppato da un team interdisciplinare composto di numerose figure professionali che interagiscono sul campo, ciascuna con il proprio specifico ruolo ma in modo complementare.
      Non si deve pensare alla pet-therapy come a una sorta di «medicina alternativa»: essa infatti non sostituisce, ma semmai affianca, le prescrizioni mediche tradizionali, non va perciò considerata come terapia alternativa ma piuttosto come co-terapia. In questo senso va sottolineato che non è l'utilizzo strumentale dell'animale a rendere possibile il miglioramento della salute, bensì il triangolo paziente, operatore e «pet».
      Va sottolineato comunque che rispetto alla «pet-therapy» o anche «terapia facilitata da animali», le definizioni di «attività assistite dagli animali» e «terapie assistite dagli animali» (AAA e TAA), sono quelle più precise, in quanto suggeriscono che l'animale è forza motivante che rinforza il trattamento fornito dall'operatore.
      Bisogna quindi parlare di terapie effettuate con l'ausilio di animali - TAA - e di attività svolte con l'ausilio di animali - AAA. Le prime sono vere e proprie terapie dirette a soggetti depressi o a bambini autistici, finalizzate ad eliminare uno stato di malattia o a ridurne gli effetti negativi sulla salute del paziente; le seconde, invece, hanno come obiettivo il miglioramento della qualità della vita e dello stato generale di benessere. Sono quindi due pratiche differenti nelle procedure e negli ambiti di operatività, avendo le AAA un obiettivo essenzialmente di sostegno, socializzazione, rieducazione e ricreazione, mentre le TAA una finalità di tipo sanitario.
      La presente proposta di legge ha l'obiettivo di promuovere iniziative volte a favorire una corretta convivenza tra le persone e gli animali per finalità terapeutiche, avendo però come punto di partenza il pieno rispetto del benessere, delle esigenze biologiche e delle caratteristiche comportamentali degli animali stessi. Un ulteriore obiettivo della presente proposta di legge - complementare e non meno importante del precedente - è quello di consentire a molte persone costrette al ricovero, lontane dai loro familiari, dalla loro casa, dalle loro abitudini, di poter avere al loro fianco - nelle strutture dove sono ospitate - i loro animali domestici. La possibilità per queste persone di poter tenere con sé il proprio animale, soprattutto se tali persone sono ospiti di case di riposo o comunque lungodegenti, può aiutare sensibilmente a contenere fenomeni di abbandono o di ricovero coatto per molti animali domestici.
      Con la presente proposta di legge si intende quindi riconoscere i molteplici vantaggi che possono derivare dalla presenza dell'animale, sottolineando contemporaneamente il diritto di quest'ultimo ad essere rispettato e accudito nel nuovo ambiente in cui svolgerà la sua azione «terapeutica».
      L'idea di «benessere degli animali» implica infatti non solo il concetto fondamentale di diritto alla vita per gli animali, ma anche e soprattutto quello dei diritti degli animali durante la loro vita. La Dichiarazione universale dei diritti dell'animale, proclamata dall'UNESCO nel 1978, rappresenta in questo senso un riferimento molto importante.
 

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